Dalla scoperta del gene nel 2000, gli studi PXE sono continuati senza sosta e, ad oggi, si conosce molto di più di questa patologia estremamente complessa e multisistemica. 

Accanto a studi tesi ad identificare le mutazioni causative del PXE e a chiarire il possibile ruolo di geni cosiddetti modificatori (che possono influire sulla gravità delle manifestazioni cliniche), sono tuttora in corso studi finalizzati a chiarire la causa della mineralizzazione delle fibre elastiche, i cambiamenti che tale mineralizzazione produce nel PXE nell’intento di poterli correggere o compensare. Lo sviluppo tecnologico e strumentale permettono inoltre di analizzare con sempre maggiore dettaglio le alterazioni oculari e vascolari anche a fini diagnostici e prognostici.

Tuttavia, si tratta di una patologia rara (frequenza variabile da 1:25.000 a 1:50.000) e la sua eterogeneità genetica (oltre 350 diverse mutazioni del gene ABCC6) e fenotipica (manifestazioni cliniche) lasciano diverse zone d’ombra che richiedono ulteriori studi per arrivare a rallentare il decorso della patologia e lo sviluppo delle calcificazioni.    

Grazie al continuo aggiornamento scientifico e tecnologico, è possibile effettuare la ricerca delle mutazioni sul gene ABCC6 presso il PXElab del Dipartimento di Scienze della Vita dell’Università di Modena e Reggio Emilia (Campus Universitario, Via Campi 287, Modena).